La nostra idea di prevenzione

Il centro storico di Amatrice dopo la disastrosa scossa del 24 agosto 2016

È difficile parlare di prevenzione sismica in Italia, unico paese del primo mondo ad alto rischio sismico che, a quarant’anni dal terremoto dell’Irpinia, non si è ancora dotato di un piano nazionale per la riduzione di tale rischio, e dove l’assenza di una cultura improntata a prevenire gli impatti dei terremoti  con adeguate misure strutturali e non strutturali caratterizza il tessuto politico e sociale del paese. Il termine stesso “prevenzione”, dal chiaro significato lessicale applicabile alle varie categorie di disastri, sembra oggi riguardare quasi solamente il problema della salute.  

I terremoti sono in Italia una storia che si ripete, una componente strutturale di lunga durata del nostro Paese, che produce perdite di vite umane, traumi sociali, danni economici. Come dimostrano le ricorrenti immagini dei disastri sismici, fanno crollare fabbriche, ospedali, edifici strategici, scuole, abitazioni, chiese e monumenti. Danneggiano acquedotti, fognature, linee elettriche, interrompono vie di comunicazione stradali e ferroviarie, rovinano porti e aeroporti, distruggono ponti, rilevati, argini e sbarramenti. Innescano frane, crolli di roccia, cedimenti, dissestano coste e aree fluviali, producono estesi effetti di instabilità dei terreni che trascinano con sé anche le costruzioni sismicamente più resistenti. Estremizzano le tante criticità del territorio già esistenti, prodotte dall’inurbamento, dall’abusivismo, dall’abbandono del sistema collinare e montano. Incrementano lo spopolamento dei borghi, il sovraffollamento e il degrado delle periferie urbane, l’abbandono di attività produttive tradizionali.

Ciononostante, i governi che si sono susseguiti negli ultimi quarant’anni hanno relegato la prevenzione sismica tra le azioni marginali e politicamente non convenienti, preferendo spendere molto, e spesso male, “dopo” il sisma, piuttosto che provare a limitarne gli effetti investendo in misure di prevenzione, ovvero “prima” che esso accada.

Mentre la ricerca scientifica e tecnologica accumulava un sapere e una conoscenza che avrebbero consentito di ridurre già da tempo in modo drastico vittime e danni dei disastri sismici, non di pari misura sono progredite la percezione e la consapevolezza della classe politica e della società civile sulla gravità della minaccia sismica. Nessuna strategia di difesa è stata pensata e avviata, nessun utilizzo è stato fatto dell’enorme patrimonio conoscitivo sulla pericolosità, vulnerabilità ed esposizione delle varie aree del territorio nazionale, nessun significativo impegno è stato preso per la destinazione di risorse  per provvedimenti strutturali e non strutturali nelle  aree a maggior rischio. 

Di fronte alle catastrofi sismiche il nostro paese è ancora culturalmente impreparato, e il fatto che dei terremoti si parli solo quando accadono è un’icona illuminante di questa “disfatta culturale” (come recita il titolo del Documento/Appello 2019) e della persistente rimozione, intenzionale o inconsapevole, che si accompagna alla vita del Paese. 

In questo vuoto culturale è apparsa singolare la decisione governativa,  prima con il D.M. n. 58 del 2017 e poi col D.L. Rilancio n. 34 del 2020, di destinare delle risorse alla difesa dai terremoti. La forma scelta è quella più semplice: la concessione di sgravi fiscali (che oggi con il Supersismabonus raggiungono il 110%) per favorire potenziali interventi antisismici sugli edifici ricadenti nelle zone 1, 2 e 3 con esclusione degli “edifici ubicati nella zona 4 di cui all’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 …”. Quindi, trattasi di potenziali interventi conseguenti alla “libera” adesione di soggetti interessati a vario titolo, ma senza alcuna strategia di priorità guidate da valutazioni di rischio sismico, cioè il tutto pensato (ma finanziato con soldi pubblici!) secondo una logica di pura casualità per di più accentuata dalla progressiva erosione amministrativa della iniziale (2003) “zona 4” per un conseguente ampliamento della “zona 3” soprattutto nelle regioni italiane del nord-ovest alle quali peraltro corrisponde mediamente una insignificante sismicità storica.  

Ma il senso dell’operazione a chi per professione o per coscienza civile è sensibile al problema della complessità della questione sismica in un territorio caratterizzato da diversità di varia natura (sismica, storica, geografica), da diseguaglianze sociali e, soprattutto, da risorse limitate,  è apparso fin da subito chiaro. Il fine del supersismabonus non è la riduzione del rischio sismico. Atto isolato e privo di una cornice di riferimento,  dai risultati casuali,  di fatto diffuso su tutto il territorio nazionale senza distinzione tra chi è realmente esposto al pericolo di perdere tutto, affetti, casa, lavoro e persino la vita, e quindi socialmente iniquo, il supersismabonus è principalmente uno strumento espansivo per il rilancio dell’edilizia, oltre che un alibi del governo per non affrontare la questione della prevenzione sismica nella sua multidimensionalità e complessità. 

Scaricando la responsabilità della sicurezza sismica sul singolo cittadino e sulle abitazioni individuali, il Supersismabonus non solo semplifica al massimo il problema sismico, ma è anche altamente pericoloso; sia in quanto lascia campo libero a proprietari, tecnici, impresari, e intermediari,  sia soprattutto perché in nome della sicurezza è possibile demolire e ricostruire, potendo così compromettere irreparabilmente il nostro cospicuo patrimonio storico, architettonico e paesaggistico, che l’art. 9 della Costituzione ci obbliga invece a tutelare per trasmetterlo alle generazioni future. 

Propagandato ed esaltato in convegni e dibattiti da tutti coloro che ne traggono benefici economici (ordini professionali, impresari del settore edilizio, intermediari finanziari e facoltosi proprietari), il Supersismabonus viene presentato come “la prevenzione del nuovo secolo” che porrà fine ai lutti e ai danni dei nuovi terremoti, mandando così ai cittadini italiani l’illusorio messaggio che il problema sismico sia stato finalmente avviato a soluzione. 

“Nonquestaprevenzione” è perciò un grido di allarme e di dolore che coglie l’essenza del nostro pensiero per esplicitare in ottica propositiva – attraverso il “Manifesto 2020” – il precedente Documento/Appello 2019 “La prevenzione sismica in Italia: una sconfitta culturale, un impegno inderogabile”, già sottoscritto da oltre 200 esperti, intellettuali e studiosi di varie appartenenze disciplinari, e integrato con altro più recente appello di alcuni esperti di Beni Culturali.

Le riflessioni contenute in questa area del sito e riguardanti i tanti aspetti negativi del provvedimento saranno basate su testi e documenti, e illumineranno in controluce la nostra diversa idea di prevenzione: un’idea che non nasce da spirito velleitario di contrapposizione, ma da un imperativo etico di equità sociale di fronte alle disuguaglianze del Paese, nella consapevolezza che la prevenzione è virtù pubblica che presuppone solidarietà e impiego collettivo, che devono tradursi in scelte di priorità, individuazione delle urgenze,  precisazione di chi fa che cosadove, con che risorse e in che tempi

Può apparire inverosimile che gli assunti alla base della nostra idea di prevenzione siano stati già espressi ben quarant’anni fa dai Proff. Franco Barberi e Giuseppe Grandori nel discorso  tenuto due settimane dopo il terribile terremoto dell’Irpinia-Basilicata del 23 Novembre 1980, in una sala del Senato alla presenza del Capo dello Stato Sandro Pertini. Un discorso che si può ritenere a pieno titolo un manifesto di agenda politica per la prevenzione sismica in Italia e di cui merita riportare alcuni brani. Dice Grandori: “…tutte le zone di alta sismicità del nostro Paese sono già oggi da considerare in condizioni di emergenza”; “…Il problema deve essere affrontato in termini generali. Nella prospettiva di un intervento generalizzato, poiché non è pensabile di provvedere in tempi brevi all’adeguamento antisismico delle costruzioni esistenti in tutte le zone di alta sismicità, si tratta in ogni caso di una corsa contro il tempo, con interventi guidati da accurati studi per la scelta delle priorità”…“Sarà comunque indispensabile una eccezionale mobilitazione. Il Paese a tutti i livelli, dalla classe politica, alle forze sociali, agli organi di informazione, ai singoli cittadini prenda definitivamente coscienza che i terremoti sono una componente costante della vita nazionale”.

Gli ingredienti di una seria politica di prevenzione ci sono tutti: la consapevolezza che il terremoto è in alcune parti del Paese un’emergenza latente ma sicura, la necessità di una visione generale e di lungo periodo, l’imprescindibile esigenza di una definizione di priorità da condursi su basi scientifiche,  la drastica urgenza (addirittura “una corsa contro il tempo”) di interventi per la riduzione degli impatti nelle aree a più alto rischio; e infine l’impegno solidale di tutto il Paese, che deve farsi carico del problema della prevenzione nelle zone più fragili ed esposte, non con atti sporadici di generosità a terremoto avvenuto, ma agendo in termini di obbedienza ai principi della nostra Costituzione.  

La lezione è chiarissima: se la prevenzione sismica non sarà sentita come elemento integrante di ogni operazione che interessi la vita sociale, come responsabilità collettiva e come pratica di vita, si continuerà a rincorrere i terremoti con grande perdita di vite umane, di ricchezza e di bellezza.

Questo il monito che viene dal passato. Un viatico imprescindibile per dare al Paese un futuro. Saprà il nostro Paese dargli concretezza?  


Manifesto (2020)

include il documento/appello del 2019 “La prevenzione sismica in Italia: una sconfitta culturale, un impegno inderogabile”, già sottoscritto da oltre 200 esperti

Lettera al Presidente Mario Draghi (8 marzo 2021)
Lettera alla Ministra per il Sud, Mara Carfagna (22 marzo 2021)
Lettera ai sottoscrittori dell’Appello 2019 (26 aprile 2021)
Lettera al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Enrico Giovannini (5 maggio 2021)

Come tutte le lettere precedenti inviati ad autorevoli componenti del Governo, anche quest’ultima purtroppo non ha ancora ricevuto alcuna risposta. Questo silenzio è reso più ‘assordante’ del fatto che le questioni poste riguardano direttamente le azioni che il dicastero attualmente diretto dal Prof. Giovannini è chiamato a svolgere dall’Art. 4, D.M. 58  del 27/02/2017, ovvero la creazione di una Commissione Consultiva per il Monitoraggio dell’efficacia del Sisma Bonus.